E tu non puoi farci proprio niente", viene da pensare, parafrasando il caro, vecchio Bogart. Una settimana fa sono su Milano, capitale italiana della comunicazione, tanto per fare un giro, sentire che aria tira. L'inizio non è dei migliori, perché mi imbatto nei locali ormai sfitti di una storica agenzia pubblicitaria meneghina, prima venduta, poi chiusa. Poi mi trovo di fronte il negozio Vetrerie di Empoli, boutique del cristallo, fiore all'occhiello della produzione vetraia toscana che fu e pezzo di storia del commercio italiano. Le scritte sulle vetrate parlano da sole. Infine il cerchio magicamente si chiude, quando in pieno centro incontro questo superbo esempio di guerrilla-marketing, di cui si può vedere la foto in basso a sinistra. Mi fermo, scatto la foto e penso: è iniziata la ripresa! Sembra di tornare all'epoca degli strilloni americani del post '29. L'immagine, cestino a parte, sembra scattata negli anni del boom economico, invece è del luglio 2010. Regressione? Catarsi? Reset? «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.», diceva Antoine Lavoisier. Dovremmo pensare che con l'arrivo della crisi economica sia finita la prima repubblica del mondo dell'ADV italiano e stia iniziando la seconda? Personalmente preferisco pensare che sia finito quel sistema asfittico, polveroso e autoreferenziale, rimasuglio dei favolosi anni '80 che ci siamo portati dietro fino ad oggi. Il mondo della comunicazione è mutevole, e come tutti gli organismi complessi quando trova un ostacolo si ferma, riflette e sviluppa un modo per oltrepassarlo. La creatività e gli stili di vita guidano il cambiamento. Quando una strada diventa troppo impervia, si torna indietro e se ne imbocca un'altra. Ma sarà davvero così? Stiamo veramente tornando ad una dimensione più 'umana' dell'economia, e di conseguenza della pubblicità? Le idee, segno distintivo da sempre dell'italianità, potranno guidarci verso un mondo più onesto e più trasparente, così da risultare anche più libero? Ultimamente ho sentito con le mie orecchie direttori di importanti enti pubblici, con addetti marketing referenziatissimi al seguito, che pensano basti presidiare i propri spazi su Facebook per promuovere al meglio un territorio dal punto di vista turistico. Questo perché glielo hanno detto i loro figli, i soli in grado di aggiornare al loro posto pagine e status nei social network. Impariamo a dare il giusto peso alle cose, per cortesia. Oggi stanno nascendo nuovi modelli di riferimento, stili meno formali e più funzionali, metodi più rapidi e più comodi, linguaggi meno criptici e meno fraintendibili. Riusciremo a ricostruire un modo di 'fare comunicazione' meno viziato, meno sciacallo, meno marchettaro e più meritocratico, con meno gossip e più verità, ottimizzando i budget ormai ridicoli a disposizione? Chissà. Forse è necessario ripensare al ruolo sociale della pubblicità. La comunicazione, sia essa informazione che quella commerciale, ha bisogno di leggi morali da seguire, perché è lo specchio di una società e contribuisce a modificarne la stessa cultura influenzando l'opinione pubblica. Se vogliamo una società psicologicamente sana, dobbiamo dargli in pasto una comunicazione sana, intelligente, trasparente, indipendente, veritiera, ma soprattutto etica. Ora che ho visto la "Guerrilla-Graziella", lo ammetto, mi è tornato l'ottimismo. HOME PAGE